Maggioranza e opposizione in Corea
del Sud trovano ancora un'inedita unità d'intenti nella
richiesta di dimissioni del presidente Yoon Suk-yeol, dopo il
caos della legge marziale dichiarata e poi ritirata.
Il People Power Party, al potere in Corea del Sud ma senza una
maggioranza in Parlamento, e il partito Democratico, che invece
controlla l'Assemblea nazionale con le altre opposizioni, si
sono ritrovati uniti nella richiesta di dimissioni del
presidente Yoon. Dopo il voto parlamentare congiunto per
bloccare la mossa presidenziale e la successiva dichiarazione di
revoca approvata intorno alle 4.30 locali (20.30 di martedì in
Italia) durante una riunione di gabinetto, le forze politiche
hanno chiesto a Yoon di fare un passo indietro. Il partito
Democratico ha dichiarato oggi che i suoi deputati hanno
minacciato l'avvio formale delle procedure per metterlo sotto
accusa in assenza di dimissioni. "La dichiarazione di legge
marziale del presidente Yoon Suk-yeol è stata una chiara
violazione della Costituzione. Non ha rispettato alcun requisito
per dichiararla", ha reso noto il partito in una nota secondo
cui "si è trattato di un grave atto di ribellione e fornisce una
base perfetta per il suo impeachment". Per metterlo sotto accusa
sarebbe necessario il sostegno di due terzi del Parlamento,
ovvero 200 dei suoi 300 deputati. I democratici e gli altri
piccoli partiti di opposizione insieme hanno 192 seggi: ma
quando il Parlamento ha respinto la legge marziale di Yoon con
la votazione unanime dei 190 presenti, circa 10 voti sono
arrivati dal People Power Party. Qualora finisse sotto accusa,
Yoon verrebbe privato dei suoi poteri fino al responso sul suo
destino da parte della Corte costituzionale. Il People Power
Party ha chiesto le dimissioni del presidente dopo che il suo
leader Han Dong-hun ha sollecitato Yoon a spiegare una decisione
di cui non era a conoscenza e di licenziare il ministro della
Difesa Kim Yong-hyun, ritenuto il suggeritore della improvvida
mossa.
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